“SE DA UNO SBAGLIO E’ NATO IL MONDO” e “MI TROVERAI” – DI JOEL GENTILI, GIOVANE POETA MONTEFALCHESE

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Perché scrivo poesie.

“Scrivo poesie mosso dalla necessità viscerale di farlo, quasi fosse un riflesso incondizionato spinto dalla bellezza delle parole.

Da sempre attratto dalla fonetica e dall’etimologia dei termini, la poesia mi permette di indagare e dare vita ai miei sentimenti, troppo spesso confusi.

Scrivo, quindi, per conoscere me stesso, per immortalare le ondivaghe sensazioni che pervadono la mia interiorità e da non molto, condividendole in pubblico tramite poetry-reading, per stuzzicare le corde interne degli ascoltatori, cercando, per quanto sia possibile, di creare un legame empatico con il pubblico o il lettore.”

JOEL GENTILI, residente a Montefalco, dopo il conseguimento della maturità, presso il Liceo classico F. Frezzi di Foligno, si laurea in giurisprudenza presso l’Ateneo perugino con una tesi sui “simboli religiosi negli edifici pubblici”. Da sempre appassionato di cultura classica e poesia, con il componimento “IL GITANO”, ha ricevuto una menzione di merito dalla casa editrice ALETTI e sarà inserito in un’antologia poetica di prossima edizione. Ha pubblicato per la casa editrice DANTEBUS MARGUTTA, 12 poesie presenti in una collana. Esprime questa sua passione insieme ad altri poeti e musici tenendo eventi culturali itineranti.

Di seguito altri due componimenti del giovane poeta:

MI TROVERAI 

“Mi troverai nel passo zoppo

tra uno sguardo e l’approccio,

dietro l’aspetto sfrontato

che crolla davanti ad un sorriso,

inebriato sull’orlo del precipizio

tra ciò che voglio

e ciò che è giusto.

 

Mi troverai nell’interstizio

tra un futuro possibile

ed uno brumoso,

scevro dal giudizio,

credendo a parole d’amore

che amore non sono.”


SE DA UNO SBAGLIO E’ NATO IL MONDO

Ci siamo alzati col piede sbagliato,

abbiamo percorso innumerevoli centimetri

senza svegliarci davvero.

Cuscino e lavoro,

e se proviamo a fare un passo

un lampo emotivo inatteso

ci costringe a rifarci il trucco.

 

Dell’ombra abbiamo fatto una conchiglia.

 

Lo specchio riflette

un riflesso sbiadito,

il giudizio borghese

impone un religioso silenzio

all’io dal piede rapido.

 

Cresce intanto il club degli anonimi

conoscenti, e la puzza sotto il naso

appesta i supermercati,

gli ignari di sé stessi si struggono e compiacciono

mossi da pollici compulsivi,

Gesù oggi avrebbe massimo due apostoli,

sul Golgota pare sostituiranno la croce

con una console appena uscita,

l’intimità è una spogliarellista

e la socialità è prigioniera del vetro temperato,

dalle pendici più alte di un ebete sorriso

paghiamo per un rapimento senza riscatto.

Mi chiedo allora

che senso abbia

produrre automi se

ci siamo offerti volontari?

 

Se ti rigelassi un fiore

dovrebbe essere artificiale

o l’algoritmo si offenderebbe.

 

L’introspezione è per i pionieri

partono tutti incendiari e fieri

ma quando arrivano sono tutti pompieri

si imbastisce piuttosto un sordo simposio

ed il cieco si strugge

vedendo un cieco gregge

che pascola allo sbaraglio.

 

Se il mondo è nato da uno sbadiglio

cercherò di rimanere sveglio

scuotendo il prossimo

come fosse un figlio.

 

Mi farò condurre

da questo suono ancestrale,

non vorrei sbagliarmi

ma la voce suona familiare.