Carissimo Dottore, Vorrai perdonare il ritardo col quale Ti scrivo le seguenti poche righe in replica a un pregiato Tuo, datato 8 febbraio u.s.
Ho letto con interesse le Tue argomentazioni in ordine agli “stressori”, rimanendo particolarmente colpito dall’aver introdotto, nel novero, il tradimento dell’amicizia. Dotto il riferimento al Sommo Poeta, del quale però, non me ne vorrai, vorrei modestamente censurare la fin stroppo evidente bontà: perché limitarsi a mettere costoro (i fraudolenti contro “chi si fida”) al fresco (!) nella piana del Cocìto quando, al contrario, si sarebbe potuto riservar loro miglior – o peggiore, fai Tu – sorte destinandoli direttamente alle fauci della Caina?
Carissimo Dottore, non coltivare la vana speranza che gente simile legga comprenda si vergogni e, poi, si modifichi. Non si evolverà mai. Non migliorerà mai. In fin dei conti, se la osservi sotto una certa ottica, è come l’uomo dannunziano “che se ne va sicuro, agli altri e a se stesso amico, e l’ombra sua non cura (…)”. Che vuoi farci?!, è altezzosa, superba, infida e doppia per indole. È la variante bipede di quello scorpione il quale, Esopo insegna, punse la tartaruga che lo aveva condotto, sul suo carapace, sull’altra sponda del fiume giustificandosi con un laconico “Non posso farci nulla, è la mia natura”. Un homo sapiens a metà, mal riuscito.
Carissimo Dottore, Ti lascio prescrivendoTi (lo so lo so, il medico sei Tu. Niente inversione dei ruoli) un piccolo medicamento: non attardarTi a citarmi nei Tuoi articoli perché pure io produco lo stesso effetto degli “stressori”!
Gli alieni ci schifano sempre di più!
Luigi Sarzani