“C’eravamo tanto amati”. Dalla crisi di coppia alla separazione
Froma Walsh nel libro “La Resilienza Familiare” elenca alcune motivazioni per cui una coppia entra in crisi:
1. Basso grado di collaborazione tra i partner;
2. Regole che non ci sono o non vengono rispettate;
3. Incapacità di condividere valori e progetto di vita;
4. Persistente squilibrio di potere nella coppia;
5. Scarsa adattabilità;
6. Scarsa coesione;
7. Incapacità e impossibilità di esprimere le proprie emozioni.
Queste coppie non riescono a riconoscere il problema, non lo condividono e non sanno come risolverlo. La mancanza di problem solving conduce, inevitabilmente, al conflitto.
L’idea di conflitto si è legata a una concezione distruttiva dello stesso e quindi negativa; ma il conflitto fa parte della vita. Il conflitto non è né un bene né un male, c’è semplicemente, è neutro, il punto è come le persone lo vivono, cioè quale stile di fronteggiamento utilizzano. Una coppia che affronta la separazione può rimanere dentro al conflitto concentrandosi sulla possibilità di trovare in esso una risorsa. La sfida sarà quella di capire le ragioni altrui e creare le condizioni, perché un rapporto si alimenti anche nella divergenza.
Il patto coniugale impegna e vincola reciprocamente la coppia che lo stipula e si fonda su un duplice processo: da un lato il patto dichiarato, di impegno e reciprocità solidale; dall’altro il patto segreto, un aspetto celato, che rappresenta la vera dimensione intima di coppia, un sistema di valori e credenze condiviso esclusivamente da quella coppia.
Il PATTO SEGRETO, viene stipulato tra i partner dopo la fase dell’innamoramento, a livello più o meno conscio, sulla base di:
– PROIEZIONI = proietto senza consapevolezza il mio bisogno sull’altro;
– ASPETTATIVE = sono consapevole delle richieste che farei, ma non le comunico, quindi, tali richieste, non vengono esaudite;
– RICHIESTE = sono consapevole di ciò che vorrei e lo porto a conoscenza dell’altro attraverso la comunicazione.
Quando il patto segreto si rompe, l’intimità e la passione si sgretolano intorno alla costruzione di attribuzioni negative rispetto al partner, per cui, le coppie infelici vedono sempre il peggio della relazione con l’altro e non riuscendo più a gestire la delusione si incamminano verso l’idea della separazione.
Tra il dichiarare che si vuole la separazione e la decisione di agirla andando dall’avvocato o facendo le valige possono passare anche dei mesi, in alcune situazioni anche due o tre anni. In quel lasso di tempo succede di tutto: è difficile per due persone che hanno investito tanto nella relazione con l’altro, mettendo anche al mondo dei figli, dire “basta” e iniziare a programmare la vita da genitori senza essere coppia È difficile anche per chi prende per primo la decisione di lasciare l’altro.
Quando una coppia decide di porre fine al proprio matrimonio, o convivenza, ogni partner è costretto a fare i conti con se stesso.
Sono momenti delicati e dolorosi, il mondo crolla addosso e si desidera che la sofferenza passi presto.
In che modo può essere utile un intervento di mediazione familiare? La mediazione familiare aiuta a restituire a ciascun membro della coppia il ruolo di persona, che ha il diritto di difendere la propria visione del mondo e che si assume, consapevolmente, la responsabilità delle proprie decisioni. Si possono aprire, così, i canali di dialogo e di reciproco riconoscimento, nella diversità di prospettive, mettendo in mano alla coppia il difficile, ma indispensabile, compito di «vincere insieme».
Il problema che si presenta fin dalle prime battute in mediazione è che i due ex partner, animati, a parole, dal desiderio di non far soffrire i figli, nella realtà, concretamente, confondano i bisogni propri con quelli dei figli stessi, cercando soluzioni di accomodamento per le proprie personali frustrazioni, senza riuscire ad accedere ai bisogni reali che i figli hanno quando mamma e papà si stanno separando.
I principali bisogni dei figli sono i seguenti:
1. Essere rassicurati che non sia colpa loro se mamma e papà si sono lasciati;
2. Essere liberati dal dover agire tentativi di rimettere insieme mamma e papà;
3. Essere autorizzati a volere bene a tutti e due senza sentirsi costretti a scegliere chi è il genitore che merita maggiore amore o riconoscimento.
Per quanto possa sembrare assurdo che i genitori debbano recarsi da un terzo, per leggere i messaggi lanciati dai figli e rispondere a dei bisogni, apparentemente, così evidenti, occorre tener presente l’effetto sconvolgente e coinvolgente generato dal conflitto di coppia. Le difficoltà che un mediatore affronta nel susseguirsi degli incontri sono molteplici, tenuto conto che avrà di fronte due persone alle prese con l’elaborazione del lutto, che la separazione comporta, e che vivono in un vortice in cui dolore, rabbia e amore si rincorrono. L’importanza di questo tipo di intervento, rispetto ad altri, quale può essere, per esempio, la consulenza legale, è che consente alle parti in conflitto di affrontare questi aspetti emotivi e procedere verso una progressiva elaborazione del “lutto”. Questo consentirà gradualmente di abbassare il livello di conflittualità e di trovare soluzioni, stabilendo nuovi confini tra coppia coniugale e coppia genitoriale.
“Se è vero che le crisi gravi si prestano a mettere in luce il lato peggiore di noi stessi, è anche vero che quelle stesse crisi possono mobilitare le nostre migliori risorse”. Karl Jaspers
È importante diffondere una cultura della Mediazione Familiare, che pur offrendo un valido approccio alla separazione, è ancora poco conosciuta, utilizzata e valorizzata.
DOTTORESSA LUANA TAMA’ mediatore familiare